La crisi dell’eolico in Italia e il ritorno alle energie tradizionali legate al petrolio e agli umori degli Stati produttori

La crisi dell’eolico in Italia e il ritorno alle energie tradizionali legate al petrolio e agli umori degli Stati produttori che invece investono nel vento.

Da uno studio ENEA con successivo documento sintetico è emerso che a dicembre 2016, c’è stato un significativo calo di emissioni di CO2 e consumi di energia primaria

Nei primi nove mesi dell’anno le fonti rinnovabili non programmabili – eolico e solare – hanno coperto il 14% della domanda di energia elettrica nazionale: un massimo storico registrato a fronte di un calo dei consumi di energia primaria (-2%) e delle emissioni di CO2 (-3%) rispetto allo stesso periodo del 2015 mentre la quota di energia elettrica prodotta da tutte le fonti green si conferma intorno al 41%.

È quanto emerge appunto dall’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano curata dall’ENEA.

“L’analisi evidenzia una novità rilevante rispetto al trend degli ultimi anni,  ovvero la diminuzione dei consumi e delle emissioni,  pur in presenza di un lieve aumento del PIL.

Si tratta di un’inversione di tendenza perché fino ad oggi, l’Italia è stato il solo Paese, tra le maggiori economie Ue, in cui un contributo significativo alla riduzione delle emissioni è venuto dalla crisi”, spiega Francesco Gracceva, dell’Unità Studi e Strategie ENEA, responsabile del gruppo di ricerca che cura l’analisi.

“Con questo trend, a fine anno si stima una riduzione delle emissioni del 29% rispetto al 2005, in linea con gli obiettivi di riduzione fissati per il 2020 dalla SEN e con i target in discussione per il 2030”, aggiunge.

L’analisi evidenzia inoltre che l’indice ISPRED elaborato dall’ENEA per misurare sicurezza energetica, prezzi e decarbonizzazione nel nostro Paese è migliorato, raggiungendo con 0,62 il massimo degli ultimi cinque anni.

“Questo dato è però frutto di due andamenti contrapposti: da un lato la riduzione delle emissioni di CO2 e la conseguente decarbonizzazione del sistema, e dall’altro, il peggioramento dell’indicatore relativo ai prezzi”, sottolinea Gracceva.

Sul fronte gas, i prezzi medi per i consumatori industriali segnano un tasso di riduzione del 9,5% a fronte di un calo del 17% della media dei principali paesi Ue, che implica dunque un peggioramento della posizione italiana.

Inoltre, la forbice fra i prezzi italiani e quelli sul mercato di riferimento europeo (TTF) resta molto elevata, 2€/MWh, non giustificata dai costi del trasporto internazionale.

Quanto ai prezzi dell’energia elettrica per le industrie, negli ultimi due trimestri 2016 sono aumentati del 3% circa rispetto al primo semestre, con un probabile ulteriore allargamento del gap fra Italia e resto d’Europa.

In aumento anche i prezzi del gasolio: con 1,3 €/l il prezzo del gasolio italiano nel periodo giugno – settembre si è avvicinato ai massimi dell’Unione, pari a 1,35 €/l.

Infine, l’analisi evidenzia una ripresa delle importazioni di greggio (+3%) nel terzo trimestre, con l’import dall’area mediorientale in forte crescita (+38%), in particolare da Iraq e Iran.

Si conferma la crescita della domanda di gas naturale (+1,9%), che fa seguito all’incremento del 4,8% registrato nel secondo trimestre.

Aumenta l’import dall’Algeria (+150%), mentre cala quello da Russia (-10%) e Nord Europa, in controtendenza rispetto al resto dei Paesi europei.

Da dedurne che l’Italia, dopo un iniziale sprint nel ramo delle energie rinnovabili, eolico in primis, ha subito però un rallentamento più che significativo.

La crisi dell'eolico in Italia e il ritorno alle energie tradizionali legate al petrolio e agli umori degli Stati produttori 1   

Questo è derivato dalla presenza sul mercato di nuove offerte allettanti dei prodotti petroliferi da aspirazione e da frantumazione.

L’Italia, a differenza di tutti gli altri Paesi industrializzati o in via di industrializzazione, tende ad abbandonare, in specie, la via dell’eolico; difatti tra le maggiori imprese costruttrici di impianti eolici europei solo una, e situata in alta Italia, è rimasta attiva e non è certo tra le prime.

Un impulso all’eolico, che in definitiva è la fonte alternativa che offre maggiori aspettative per il futuro si è fermato, ma per la quale ci auguriamo che i nostri governanti riguardino le reali necessità del nostro Paese in prospettive, anche non vicine, nel futuro.

Da sottolineare che l’Arabia Saudita sta emergendo e investendo in questo campo: il che ci dovrebbe far più riflettere.

Quindi non comprendiamo perché l’Italia non prosegua in un settore dove può veramente essere tra le prime, specie nell’Of Shore.

Con abbattimento del debito pubblico e diminuzione della dipendenza dagli umori degli stati produttori di petrolio.

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di
amedeu

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