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Articolo 904 del codice civile relativo al diritto di far chiudere le luci aperte dal vicino

E’ importante conoscere quanto dice l’Articolo 904 del codice civile relativo al diritto di far chiudere le luci aperte dal vicino e quali sono i vari casi che possono presentarsi quotidianamente.
L’articolo 904 del c.c. cita testualmente:
(Diritto di chiudere le luci)
“La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro medesimo nè di costruire in aderenza. Chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo edificio.”

— Derivazione e contenuto della norma

Il diritto che ha il proprietario di un muro adiacente al confine col fondo del vicino, di aprire delle « luci » (sia pure con tutte le cautele e prescrizioni dell’art. 901 cod. civ.), non crea una servitù, ma costituisce una manifestazione del diritto di “proprietà propria”, per cui il relativo “potere”, non è sottoposto a prescrizione.

Le « luci », una volta aperte, danno vita ad un diritto soggettivo condizionato per cui il vicino può domandarne la chiusura quando si verifichino le ipotesi previste dal presente art. 904 del c.c. e cioè quando egli voglia costruire un edificio o qualsiasi altro manufatto murario in appoggio o in aderenza. In questo secondo caso, però, deve trattarsi di una costruzione autonoma, che abbia una sua propria utilità e che non si riduca ad una semplice prepotenza (atti di emulazione di cui all’art. 833 del cod. civ.): non deve trattarsi, cioè, di una costruzione la cui sola finalità si esaurisca con l’aggravio e il danno alla proprietà ove trovasi la luce che si vuole chiudere (Vedi l’esempio classico nella figura sottostante):

Nel caso cioè che per chiudere la luce di A, il vicino B vi costruisca in aderenza un semplice manufatto il cui scopo appare immediato.

Le “luci tollerate” devono tenersi distinte dalle “servitù attive di luce ed aria” che il proprietario ha acquistato sul fondo del vicino.

L’esistenza di tali servitù impedisce, in ogni caso, al vicino la richiesta della comproprietà del muro o l’oscuramento con una costruzione in aderenza.

– Chiusura della “luce” con l’appoggio di un “edifìcio” del vicino

La chiusura della “luce” può ottenersi, dunque, per prima cosa con l’acquisto della comunione del muro dove questa si trova, e poi con l’appoggio a tale muro, divenuto comune, di una propria costruzione definibile a tutti gli effetti come un vero e proprio “edificio” il quale deve consistere….. “in una costruzione stabile e permanente di qualsiasi importanza, eseguita con qualsiasi materiale costruttivo e per qualunque destinazione o scopo”.

Ma vediamo i vari casi del conclamato oscuramento:

– Oscuramento della luce con costruzioni in aderenza

La soppressione della “luce”, e cioè il suo oscuramento può anche ottenersi con le costruzioni in “aderenza” (a norma dell’art. 877 del c.c.).

In tal caso, deve trattarsi di una “costruzione” (“edificio”) autonoma, che abbia cioè una sua propria utilità e che non rappresenti ciò che la legge definisce “atto di emulazione” di cui all’articolo 833 del c.c.

Con la costruzione in “aderenza” non occorre eseguire opere murarie nell’interno del vano dell’apertura lucifera; per chiuderla, basterà, con la nuova costruzione autonoma, semplicemente “oscurarla”.

Non potrà, però, servire allo scopo un semplice strato di muratura tipo inonaco, per la sola ragione che questo strato, dovendo sostenersi con l’appoggio alla parete da oscurare, avrebbe bisogno che l’apertura della “luce” fosse stata già chiusa con muratura, nè il solo strato d’intonaco sarebbe una costruzione, tanto meno autonoma.

Non sarebbe consentito un oscuramento operato mediante chiusura con tavole o con piantagioni; in questi casi, infatti, mancherebbe quel minimo per cui possa parlarsi di costruzione.

Qualora, però, le piantagioni non oscurino completamente le “luci” ma si limitino a diminuirne con la loro ombra la ricettività, non potranno essere eliminate.

Infatti, in tal caso, non si realizzerebbe quella chiusura delle finestre lucifere che la legge consente solo mediante l’appoggio dell’edificio, e, inoltre non è pensabile imporre al proprietario del fondo vicino l’obbligo di piantare gli alberi a distanza dal muro, visto anche che l’art. 892 del c.c., ultimo comma, lo esonera dal rispetto delle distanze.

Esempi Grafici:

– Chiusura di “luci” con l’appoggio o con l’aderenza dell’edificio del vicino

Lo stabile di A aveva la “luce” s aperta nel suo muro abcd verso il fondo inedificato del vicino B. Quest’ultimo chiede la comunione del muro (a norma dell’art. 874 c.c.) e costruisce in appoggio.

Il confine RS si sposta sull’asse del detto muro divisorio (divenuto comune), e pertanto la luce s di A dev’essere chiusa.

La “costruzione” di B deve avere una propria utilità, non essendo consentito che il suo principale scopo sia quello di chiudere la “luce” s di A, nel qual caso diventa un atto emulativo vietato (art. 833 c.c.).

– Il semplice acquisto della comunione del muro non dà diritto a B di chiudere la “luce”» s.

In questo, caso B preferisce la costruzione cde in aderenza (a norma dell’art. 877 c.c.).

Il confine RS rimane dov’era; la « luce » s esistente nel muro di A viene oscurata dal nuovo muro aderente di B senza bisogno di chiuderla riempiendola con muratura.

Nel caso nella figura sovrastante il muro ab dell’edificio di A ha la parete esterna a distanza inferiore a m. 1,50 dal confine RS col fondo inedificato di B.

A norma dell’art. 875 c.c. B può costruire in aderenza acquistando solo la striscia di terreno che separa la parete esterna del muro di A dal confine RS.

Il nuovo confine diventa R’S’ ed il nuovo muro cd aderente, oscurerà la “luce” t come nella precedente figura 2

– Oscuramento non consentito di una “luce” con materiali che non siano costruzione.

A è proprietario della “luce” l, aperta legalmente nel suo muro verso il fondo (coltivato) di B.

Questi non può oscurare detta “luce” ammassando contro di essa mucchi di terra e sassi ricavati da successive zappature o arature del suo terreno.

Ciò perchè dei materiali di tali specie non possono considerarsi nè “edifìcio” (che possa autorizzare B a chiedere la comunione del muro per chiudere e murare la “luce”), nè semplice “costruzione” che possa giustificare una “aderenza” utile.

– Oscuramento di luci a mezzo di alberi.

Le “luci” possono essere chiuse da muri e non da piantagioni; queste possono oscurarle più o meno notevolmente.

Se B ha il diritto di tenere l’albero M dove si trova, perchè alla distanza legale dal confine RS (art. 892 c.c.), e l’albero crescendo oscura notevolmente la “luce” l di A, questi non può pretendere che B abbatta o sposti l’albero.

B può, al massimo, sfrondare un po’ il suo albero.

(In mancanza di accordo, il Magistrato deciderà se l’oscuramento debba ritenersi tollerabile o meno, e se debba prevalere il diritto di B di tenere l’albero così come si trova o quello di A di non subire l’oscuramento).

Invece, l’albero N di B nella figura 6 sottostante può mantenersi ad una distanza inferiore alla legale perchè trovasi presso il muro comune con A e non supera, con i suoi rami, l’altezza del muro stesso (art. 892, ultimo comma).

Però, se B, dopo aver reso comune il muro, pianta l’albero a distanza inferiore alla legale ma va a collocarlo proprio a ridosso della luce l di A, senza un’assoluta necessità, può delinearsi un atto di emulazione (vietato per l’art. 833 c.c.) di B ai danni di A.

Se invece A apre la « luce » dove B tiene l’albero, non può pretendere che B tagli neppure un ramo, se l’albero dovesse arrecargli oscuramento di qualsiasi entità.

– Appoggio parziale in altezza e chiusura di alcune “luci”

Se A ha le due “luci” r ed s (aperte alle altezze e condizioni prescritte) nel muro proprio a confine con B, questi, volendo eseguire la sua costruzione in appoggio a detto muro sino al livello bb, deve acquistare la comunione del muro stesso.

Dopo di chè, per l’altezza ab, potrà chiudere la sola luce r .

In tal modo la soglia della preesistente “luce” s di A verrà a trovarsi a 2 m. (od anche meno), anziché a m. 2,50, dal pavimento del nuovo terrazzo bb di B).

Questi non può obbligare A ad alzare la soglia della propria luce (in quanto la luce s, essendo nata prima del fabbricato di B, si troverà con la soglia ai m. 2 regolamentari dal pavimento del proprio ambiente); ma B può acquistare la comunione anche del tratto bc, e costruirvi a ridosso, quanto basta cioè per poter chiudere la luce s.

La chiusura di dette luci r ed s è subordinata all’effettiva costruzione dello stabile di B, in appoggio o in aderenza al muro di A.

Nè A può obbligare B a costruire il terrazzo bb ad un livello di m. 2,50 sotto la soglia della sua luce s, perchè questa è una “luce”, e pertanto l’altezza di m. 2,50, voluta dall’art. 901, è un requisito imposto nell’interesse di B e che A non deve avere alcun suo interesse a vedere diminuito.

Fate dei commenti e chiedete spiegazioni sulla vostra casa e sulle varie problematiche che la riguardano, vi risponderemo.

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