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Una sentenza importante del Consiglio di Stato sugli abusi edilizi

Una sentenza importante del Consiglio di Stato sugli abusi edilizi la 1084/2014 che interessa particolarmente le opere eseguite abusivamente in zone urbanistiche A, in centro storico urbano 

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente sentenza relativa ai lavori abusivi eseguiti in un immobile sito in centro storico urbano

La sentenza si è espressa sul ricorso. 8210/2012, proposto dagli interessati,contro Roma Capitale, in persona del sindaco pro tempore,  per la riforma della sentenza del T.a.r. del Lazio, n. 2526/2012, resa tra le parti e concernente la demolizione di abusi edilizi e il ripristino dei luoghi.

Con determinazione dirigenziale comunale venne ingiunta la demolizione, con relativo ripristino dello stato dei luoghi dei seguenti abusi edilizi consistenti: nel mutamento di destinazione d’uso e nell’accorpamento di locali interrati, nell’ampliamento di tre bocche di lupo corrispondenti in una piazza di Roma, nella realizzazione di una nuova finestra su via laterale  e di una nuova scala in zona T1 di P.R.G., nella realizzazione di una canna fumaria e di una tenda e nella “mancata osservanza della disciplina transitoria per gli interventi in edifici oggetto di condono edilizio”.

Ne è seguito il ricorso degli interessati al TAR del Lazio che si esprimeva con sentenza n. 2526/2012, decidendo che la determinazione dirigenziale n. 2377/2010 veniva annullata in alcune parti,  ritenendo però valida l’ingiunzione a demolire riguardo all’ampliamento delle bocche di lupo, alla realizzazione di una nuova finestra su via laterale, come pure di una nuova scala, della canna fumaria e della tenda esterna, anche sulla base del fatto che per tali opere non era stato richiesto il parere della Soprintendenza.

Il Consiglio di Stato, anche in base al Testo Unico sull’Edilizia (Art. 33, comma 4, D.P.R. n. 380/2001) ha ritenuto che:

 “Qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche se non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non venga reso entro novanta giorni dalla richiesta il dirigente o il responsabile provvede autonomamente”.

Nel caso specifico di immobili, anche non vincolati, situati nelle zone omogenee A, oggetto di ristrutturazioni non consentite, il legislatore ha perciò ritenuto che in ordine alla sanzione deve essere prioritariamente ponderata la scelta tra quella della restituzione in pristino e quella pecuniaria.

Ciò rilevato, ha concluso il Consiglio di Stato, se la Soprintendenza non si pronuncia non è detto che il Comune possa scegliere automaticamente la demolizione delle opere abusive, e nonostante la demolizione sia la soluzione che si dovrebbe normalmente adottare, l’Amministrazione deve sempre valutare se la sanzione pecuniaria a carico del trasgressore non risulti la scelta più idonea al caso.
 
Sulla base di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha giudicato illegittimo l’ordine di demolizione adottato con determinazione del dirigente del Comune  per le  opere realizzate in difformità al titolo abilitativo necessario

Sentenza del C.d.S. n° 1084/2014

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